Il distacco del personale altamente qualificato ai sensi degli art. 27 ss. D.lgs 286/98 comporta per le aziende, tra le altre questioni, la doppia imposizione di imposte ovvero, sia nel paese di origine ove si trova la casa madre o sede distaccante, sia in Italia ove è collocata la sede secondaria o filiale distaccataria.
Tale combinato disposto normativo genera notevoli sforzi economici per le aziende che intendono realizzare progetti sul piano internazionale, le quali, pur essendo soggette ad un doppio onere fiscale non ricevono alcun beneficio dallo stato ospitante.
In effetti, si deve considerare che essendo il distacco per sua natura temporaneo, il lavoratore non maturerà mai i requisiti previsti dalla normativa italiana per un eventuale futuro trattamento pensionistico, né tanto meno l’azienda distaccataria italiana riceverà sgravi ed agevolazioni previste per nuove assunzioni. Ciò si giustifica nella considerazione che il lavoratore straniero è e resta alle dipendenze della casa madre estera, la sola dalla quale continuerà a percepire la retribuzione e le diverse indennità.
Ma v’è di più, l’azienda distaccataria italiana non potrà in alcun modo recuperare il credito d’imposta o reclamare diritti in ordine ai versamenti eseguiti per il lavoratore distaccato, il quale rientrando nel paese di origine al termine della sua esperienza lavorativa internazionale non potrà rivendicare alcun diritto.
Una soluzione alla su descritta questione potrebbe soccorrere dagli organi governativi attraverso gli accordi internazionali tra gli stati. In effetti, per quanto attiene alle imposte sul reddito e sul patrimonio i distacchi effettuati da paesi che hanno stipulato accordi bilaterali con l’Italia soggiacciono alla particolare disciplina prevista convenzionalmente.
In questa prospettiva si potrebbe dar luogo ad una convenzione che preveda l’esenzione della tassazione nello stato in cui l’attività viene svolta, come per esempio succede con la Macedonia.
Tra i molteplici vantaggi vi potrebbe essere annoverata l’esclusione della doppia imposizione in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio, inoltre ogni altro aspetto concernente il rapporto in essere col lavoratore distaccato soggiacerebbe alla normativa del paese ove ha sede la casa madre (distaccante), a nulla rilevando quella italiana.
Resta inteso che la sede secondaria presente in Italia dovrà essere perfettamente in regola con quanto previsto dalla normativa italiana, sia sotto il profilo fiscale sia contributivo; inoltre, al lavoratore distaccato dovrà essere garantita una retribuzione congrua non inferiore a quella prevista dal CCNL di categoria.
Un esempio significativo è rappresentato dalla convenzione siglata tra l’Italia e la Macedonia, dove nel caso di distacchi effettuati da una realtà aziendale con sede in Macedonia il versamento dei contributi ex lege non è dovuto in Italia ma solo ed esclusivamente nel paese ove ha sede la casa madre (distaccante).
Pertanto, in sede di istruttoria ai sensi dell’art. 27 D.lgs 286/98 non è prevista la produzione dei modelli F24 e DM10 che potranno essere sostituiti, ad ogni effetto di legge, da autocertificazione debitamente sottoscritta dal legale rappresentante della filiale italiana (distaccataria) ponendo un semplice richiamo alla convenzione in esame.
Ad oggi, accordi di questo tipo siglati con l’Italia sono decisamente pochi e pertanto, oltre all’annosa questione del carico burocratico, gli investitori stranieri devono fare i conti con gli ulteriori oneri fiscali e contributivi nonché amministrativi.