Infermieri professionali
stranieri

Art 27, comma 1, lett. r-bis D.lgs 286/98 (Testo Unico Immigrazione)

La carenza della figura professionale di infermiere ha spinto le aziende sanitarie pubbliche e private a volgere le loro attenzioni verso l’estero per il reclutamento di lavoratori stranieri.

Già in passato, esattamente tra il 2004 e il 2007 vi è stata una prima forte richiesta di personale infermieristico straniero, attenuatasi, poi, con l’ingresso in Europa dei neo partner come Bulgaria, Romania e Moldavia da cui hanno fatto ingresso moltissime unità professionali.

Tale fenomeno ha determinato l’interruzione dei flussi provenienti da paesi extracomunitari, soprattutto dal sud America, come Perù, Brasile, Colombia etc., in considerazione del fatto che le aziende interessate rivolgendosi ad una manodopera qualificata comunitaria evitavano gli ingenti oneri da sostenere per ottenere le autorizzazioni previste per gli extracomunitari.

Ad oggi sono oltre trentottomila gli infermieri stranieri che lavorano in Italia e considerata l’emergenza sanitaria pandemica causata del virus covid-19, tutt’ora in atto, assistiamo ad una nuova crescente richiesta di personale che sarà destinata ad evolversi ulteriormente.

Da qui la necessità di rivolgersi nuovamente ai paesi extracomunitari.

Vediamo cosa prevede la normativa in esame.

L’ingresso in Italia di cittadini stranieri che intendano svolgere attività di infermiere professionale è disciplinato dall’art. 27, comma 1, lett. r-bis, D.lgs 286/98 il quale stabilisce che le strutture sanitarie, sia pubbliche sia private, sono legittimate all'assunzione degli infermieri, cittadini di Paesi terzi, che risiedono all'estero, dotati dello specifico titolo riconosciuto dal Ministero della Salute, anche con contratto a tempo indeterminato, previo rilascio di nulla osta da parte dello Sportello Unico Immigrazione della Prefettura competente, seguendo una specifica procedura disciplinata dall’art. 27, comma 1. Lett. R-bis, T. U. Immigrazione regolato dal DPR 394/1999 e successive modifiche.

Possono, pertanto, richiedere il nullaosta per l'assunzione di tale personale le società interinali, previa acquisizione della copia del contratto (di fornitura) stipulato con la struttura sanitaria pubblica o privata.

Le cooperative, invece, sono legittimate alla presentazione della richiesta di nullaosta qualora gestiscano direttamente l'intera struttura sanitaria o un reparto o un servizio della medesima.

Le strutture sanitarie pubbliche, infine possono liberamente accedere alla richiesta senza la necessità di particolari requisiti.

In tutti i casi, per quanto attiene al lavoratore candidato, è necessario produrre il titolo abilitante, riconosciuto dal Ministero della sanità secondo le modalità descritte nella circolare del 12 aprile 2000. L’istanza deve essere proposta dal datore di lavoro interessato all’assunzione, trattandosi di cittadino straniero residente all’estero, oppure dallo stesso candidato nel caso sia già regolarmente presente sul territorio nazionale.

Per la presente procedura il legislatore ha escluso l’applicabilità delle quote previste del decreto flussi stabilite annualmente dal governo, e quindi non sussistono limiti numerici né, tanto meno, occorre attendere pubblicazioni di eventuali decreti con conseguente facilità di accedere a risorse extra comunitarie.

Altra questione importante che merita di essere esaminata è la tipologia del rapporto di lavoro, ovvero se instaurato a tempo determinato oppure indeterminato. Sebbene, all’apparenza, la sottile differenza possa sembrare di facile definizione, in realtà la scelta dell’una o dell’altra opzione può dar luogo ad insidie burocratiche nella prospettiva di una futura continuazione del rapporto di lavoro.

Vediamole meglio nel dettaglio:

Qualora si configuri un rapporto di lavoro a tempo determinato, allo scadere dell’autorizzazione ottenuta ai sensi della norma in esame occorre formulare l’istanza di proroga presso la Prefettura-UTG che ha emesso il primo nulla osta.

Secondo il disposto dall’art. 40 DPR 394/1999, la proroga della autorizzazione al lavoro, se prevista, non può essere superiore al periodo del rapporto di lavoro a tempo determinato, e comunque non superiore a due anni.

Vi sono dunque delle limitazioni, posto che l’autorizzazione in esame può essere prorogata una sola volta contestualmente al rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato, è possibile inoltre cambiare datore di lavoro per la parte residuale di validità dell’autorizzazione ma solo ed esclusivamente per la tipologia di lavoro in essa indicata. Si aggiunge, infine, che il contratto stipulato col datore di lavoro è riconducibile al regime del diritto privato anche se contratto con strutture pubbliche.

In ogni caso, terminata la proroga, il lavoratore deve fare rientro al suo paese di origine.

Riepilogando, un infermiere straniero assunto a tempo determinato, per un periodo esemplificativo di 2 anni, potrà rimanere in Italia e prorogare il suo permesso di soggiorno solo se vi è rinnovo del suo contratto di lavoro da parte del datore.

Viceversa, qualora si configurasse un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, le cose cambierebbero radicalmente posto che, allo scadere del periodo utile, il rinnovo del permesso di soggiorno non è più connesso all’autorizzazione emessa dalla Prefettura-UTG. In tal caso, infatti, si procede a mezzo plico postale con conseguente conversione del permesso in esame ai sensi dell’art. 22 TUI (“cosiddetto definitivo”). È importante notare come i vantaggi in tal caso per il lavoratore straniero sono notevoli considerato che da un lato il rapporto di lavoro a tempo indeterminato pone maggiori garanzie di varia natura, e che dall’altro consente di acquisire un permesso di soggiorno definitivo quindi non temporaneo né, tanto meno, soggetto alle limitazioni su descritte.

In conclusione, la scelta più saggia è quella di optare, sin dal momento dell’ingresso, per la tipologia di rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Anche tale procedura potrebbe essere semplificata diminuendo il carico burocratico nonché i diversi step inutilmente previsti, con conseguente risparmio di tempo ed energie oltre che oneri a carico delle aziende.

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