Quando il cambiamento climatico diventa una questione di responsabilità giuridica internazionale.
Protezione ambientale: la nuova opinione consultiva della Corte Internazionale di Giustizia sui cambiamenti climatici
Negli ultimi anni, la crisi climatica è divenuta non solo un tema politico e scientifico, ma anche una questione giuridica globale. La crescente consapevolezza degli impatti ambientali transfrontalieri ha spinto numerosi Stati e organizzazioni internazionali a rivolgersi al diritto internazionale per definire con maggiore chiarezza le responsabilità legali degli Stati nella lotta ai cambiamenti climatici.
In questa prospettiva, la Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) – il principale organo giudiziario delle Nazioni Unite – è stata recentemente chiamata a rendere una opinione consultiva sulla portata degli obblighi degli Stati in materia di protezione del clima e dell’ambiente.
Nel marzo 2023, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato una storica risoluzione con cui ha chiesto alla Corte dell’Aia di pronunciarsi sui doveri giuridici degli Stati in relazione ai cambiamenti climatici e sulle conseguenze legali derivanti dal mancato rispetto di tali obblighi.
L’iniziativa, promossa originariamente dallo Stato insulare di Vanuatu e sostenuta da oltre 130 Paesi, nasce dall’esigenza di colmare un vuoto: non esiste ancora una codificazione chiara e vincolante del diritto internazionale del clima.
La domanda rivolta alla Corte è duplice:
- Quali sono, secondo il diritto internazionale, gli obblighi degli Stati di proteggere il sistema climatico a beneficio delle generazioni presenti e future?
- Quali conseguenze giuridiche derivano per gli Stati che, con le loro azioni o omissioni, causano danni ambientali significativi a livello globale o transfrontaliero?
Dall’ambiente al diritto: il principio di non danno
La richiesta si fonda sul principio di prevenzione dei danni ambientali transfrontalieri, già riconosciuto dalla giurisprudenza internazionale (come nel caso Trail Smelter, 1941) e nei principali strumenti normativi, tra cui la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 e la Dichiarazione di Rio del 1992.
Tale principio impone agli Stati di evitare attività sul proprio territorio che possano arrecare danno all’ambiente di altri Stati o di aree al di fuori della giurisdizione nazionale, come gli oceani o l’atmosfera.
La Corte dell’Aia è ora chiamata a chiarire fino a che punto questo principio si applichi anche alle emissioni di gas serra, un fenomeno globale e cumulativo che non conosce confini.
Verso una responsabilità internazionale “climatica”
L’opinione consultiva non sarà vincolante, ma avrà un valore politico e giuridico di grande rilievo.
Potrebbe infatti definire un quadro più preciso per l’attribuzione della responsabilità internazionale in caso di inazione o di politiche ambientali inadeguate.
In prospettiva, la Corte potrebbe affermare che gli Stati hanno:
- un obbligo positivo di adottare misure efficaci per ridurre le emissioni e proteggere l’ambiente globale;
- un obbligo di cooperazione internazionale, in linea con il principio delle “responsabilità comuni ma differenziate” della Convenzione quadro ONU sul clima (UNFCCC);
- un dovere di tutela intergenerazionale, ossia di garantire che le proprie scelte non compromettano i diritti delle generazioni future.
L’opinione della Corte Internazionale di Giustizia si inserisce in un contesto in cui anche altri organi internazionali — come il Tribunale del Diritto del Mare e la Corte Interamericana dei Diritti Umani — stanno affrontando la questione climatica.
Si profila così una vera e propria “giuridicizzazione” della crisi climatica, in cui il diritto internazionale assume un ruolo sempre più incisivo nel definire obblighi e responsabilità.
Se la Corte riconoscerà che il mancato intervento contro i cambiamenti climatici costituisce una violazione di obblighi internazionali, si aprirà la strada a una nuova stagione di contenziosi climatici e di pressione giuridica sugli Stati inadempienti.
La svolta della Corte dell’Aia rappresenta un momento cruciale per il diritto internazionale:
il clima non è più solo una questione scientifica o morale, ma diventa una questione di diritto.
Gli Stati, in quanto membri della comunità internazionale, non possono più invocare la sovranità nazionale come scudo, ma devono farsi carico delle proprie responsabilità collettive verso l’umanità e il pianeta.
L’opinione consultiva della CIJ, pur non vincolante, potrebbe segnare l’inizio di una nuova era del diritto internazionale dell’ambiente, in cui la tutela del clima diventa parte integrante della responsabilità internazionale degli Stati.