Con una recentissima Sentenza del 20 giugno 2025, il Tribunale Amministrativo per il Lazio, ha confermato l’obbligo di motivazione rigorosa nei provvedimenti consolari in materia di immigrazione, annullando il diniego del visto di ingresso per motivi di studio emesso dal Consolato Generale d’Italia a Istanbul.

Al centro della decisione, la questione – tutt’altro che marginale – del ruolo della rete familiare già presente in Italia e della sua incidenza sulle valutazioni che l’Autorità consolare è chiamata a compiere circa l’affidabilità e genuinità del progetto formativo dello straniero richiedente.

La vicenda:

La cittadina straniera, aveva regolarmente presentato domanda di visto per motivi di studio presso il Consolato italiano di Istanbul, al fine di poter frequentare un percorso formativo presso un istituto italiano.

A supporto dell’istanza, era stata prodotta documentazione completa, comprensiva di:

  • iscrizione a un corso riconosciuto;
  • disponibilità di mezzi di sussistenza;
  • dichiarazione di ospitalità resa da un familiare già residente in Italia in posizione regolare, con adeguata capacità economica.

Nonostante la correttezza formale e sostanziale dell’istruttoria, l’amministrazione consolare ha rigettato la domanda.

La motivazione addotta si è basata – in via pressoché esclusiva – sulla circostanza che la richiedente avrebbe potuto contare sulla presenza in Italia di un familiare ospitante, fatto ritenuto indicativo di un possibile intento migratorio dissimulato dietro il visto per studio.

La decisione del TAR Lazio: vincolo al rispetto della legalità sostanziale

Il TAR ha accolto il ricorso, con una motivazione chiara e condivisibile, che richiama i principi fondamentali in materia di esercizio della discrezionalità amministrativa nel settore dei visti.

Secondo i giudici amministrativi, il provvedimento impugnato è:

affetto da difetto di istruttoria e da una motivazione generica e stereotipata, che si limita a valorizzare la presenza di un familiare in Italia come elemento negativo, senza fornire alcuna concreta valutazione sull’effettiva consistenza del progetto formativo e sull’affidabilità dei mezzi di sostentamento dichiarati.”

Il TAR ha ribadito che l’amministrazione è sempre tenuta a valutazioni individuali e puntuali, incentrate sulla documentazione effettivamente presentata.

Laddove questa sia completa, coerente e regolare – come nel caso in esame – il diniego non può fondarsi su sospetti generici o su automatismi presuntivi.

Il principio affermato:

La sussistenza di un fattore ostativo al rilascio del visto d’ingresso deve essere desunta da elementi obiettivi, indicativi (Sent 9969 del 23 maggio 2025, 9958 del 23/5/25, 4331 del 26/2/2025) e del Consiglio di Stato (in tal senso da ultimo, Cons Stato, Ordinanza 7 febbraio 2025 n. 535)

La presenza in Italia di un familiare ospitante, regolarmente soggiornante e in grado di offrire supporto economico e logistico, non costituisce ostacolo al rilascio del visto, a meno che non sussistano concreti elementi di fatto che inducano a ritenere il progetto dichiarato fittizio o elusivo.

In assenza di tali elementi e di eventuali accertamenti, il provvedimento di rigetto si espone a censure per sviamento e carenza motivazionale.

Le implicazioni della sentenza per la prassi consolare:

Questa pronuncia assume particolare rilievo nel contesto della prassi – purtroppo ancora diffusa – di alcuni Consolati italiani che tendono a rigettare domande di visto (in particolare per motivi di studio, turismo o visita familiare) in modo sommario o generalizzato, basandosi su formule stereotipate e su una lettura eccessivamente restrittiva dei poteri discrezionali riconosciuti in sede consolare.

Il TAR ribadisce che, anche nell’ambito delle valutazioni sulla concessione del visto, l’Amministrazione resta soggetta al rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, proporzionalità e legalità. La discrezionalità non può mai tradursi in arbitrio.

Il provvedimento in esame si colloca nel solco di un orientamento giurisprudenziale che, pur senza negare il margine valutativo degli uffici consolari, impone il rispetto di criteri di trasparenza, coerenza e ragionevolezza, soprattutto quando in gioco vi sono diritti fondamentali, quali il diritto all’istruzione e alla mobilità internazionale.

In definitiva, il TAR Lazio richiama l’Amministrazione a un esercizio del potere conforme alla sua funzione, respingendo l’idea che l’esistenza di legami familiari in Italia possa, in assenza di ulteriori circostanze, giustificare il diniego del visto per studio.

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