Negli ultimi anni si è registrato un fenomeno crescente: alcuni Stati membri del Consiglio d’Europa hanno iniziato a mettere in discussione, reinterpretare o addirittura ignorare le sentenze della Corte EDU.

Questa tendenza, una volta confinata a casi isolati, sta assumendo dimensioni più ampie, con effetti potenzialmente dirompenti sul sistema europeo di tutela dei diritti fondamentali.

La questione non è solo giuridica, ma profondamente politica: riguarda l’adesione degli Stati ai valori fondativi del Consiglio d’Europa e la sostenibilità dell’intero meccanismo di controllo previsto dalla Convenzione europea.

Perché alcuni Stati stanno ignorando le sentenze della Corte EDU

Le motivazioni variano, ma possono essere ricondotte a tre macro-categorie.

a) Conflitti politico-istituzionali interni

In alcuni Paesi la Corte EDU viene percepita come una minaccia alla sovranità costituzionale o alla legittimità politica del governo in carica. La questione riguarda soprattutto Stati nei quali il potere esecutivo tenta di influenzare l’indipendenza della magistratura o in cui sono presenti tensioni etniche e nazionaliste.

Questa dinamica ricorda il comportamento dei nove Stati europei che contestano l’autorità della Corte EDU in materia di immigrazione, sull’iniziativa contro la giurisdizione della Corte.

b) Temi sensibili: immigrazione, sicurezza, confini

Le sentenze che impongono agli Stati obblighi ritenuti politicamente impopolari (come l’accesso alla procedura d’asilo, la tutela dei minori migranti, il divieto di respingimenti collettivi), sono tra quelle più spesso disattese.

Il caso della legge polacca che limita l’asilo alle frontiere, che hai trattato in un tuo recente articolo, è emblematico: normative interne che confliggono apertamente con la giurisprudenza europea, specie in materia di accesso alla procedura.

Queste prassi si intrecciano con i divieti di respingimento collettivo sui limiti del non refoulement nelle Zone di Transito.

Questo modello

c) Tensioni geopolitiche e crisi istituzionali

In alcuni casi l’inottemperanza deriva da conflitti internazionali, processi di regressione democratica o difficoltà strutturali nel recepire le misure richieste dalla Corte.

Cosa comporta la mancata esecuzione delle sentenze

a) Erosione dello Stato di diritto

La mancata esecuzione mina uno dei cardini della Convenzione: l’obbligo degli Stati di conformarsi alle decisioni della Corte. Senza esecuzione, il sistema perde credibilità e gli individui non possono più contare su un rimedio effettivo.

b) Indebolimento della tutela dei diritti umani

L’effetto immediato è la mancanza di protezione per le vittime.

Tuttavia l’impatto va oltre il singolo caso: l’inottemperanza sistemica può creare precedenti politici, incoraggiando altri Stati ad adottare comportamenti analoghi.

c) Conseguenze politiche e diplomatiche

Il Consiglio d’Europa dispone di alcuni strumenti, tra cui:

  • Risoluzioni e pressioni politiche del Comitato dei Ministri
  • Procedure rafforzate di supervisione dell’esecuzione
  • Possibile sospensione dello Stato dai diritti di voto
  • Espulsione dal Consiglio d’Europa nei casi estremi

Sono misure rare e gravose, che però tornano al centro del dibattito nelle situazioni più critiche.

d) Impatto sui sistemi giuridici nazionali

La mancata esecuzione può creare conflitti tra giudici interni e governo.

In alcuni ordinamenti, i tribunali costituzionali sono stati coinvolti per decidere sulla prevalenza della Convenzione rispetto al diritto nazionale.

Ciò genera incertezza giuridica e disallineamento con gli standard europei.

Il rischio di una frattura tra Europa occidentale ed orientale

La geografia della disapplicazione non è casuale.

Alcuni Stati dell’Europa orientale stanno assumendo atteggiamenti sempre più critici verso la Corte EDU, con giustificazioni fondate su sovranità, identità nazionale e sicurezza.

Il rischio è la creazione di un’Europa a due velocità nella tutela dei diritti fondamentali.

Molti degli Stati oggi più restii a eseguire le sentenze sono gli stessi che promuovono modelli di gestione restrittiva ai confini, come il caso delle frontiere in Polonia.

Perché la Corte EDU rimane essenziale

Nonostante le criticità, la Corte resta uno degli strumenti più avanzati di tutela multilivello nel mondo.

Garantisce:

  • un controllo esterno e imparziale sulle violazioni statali
  • l’armonizzazione dei diritti fondamentali
  • la protezione delle minoranze e dei gruppi vulnerabili
  • un remedium ultimum in caso di fallimento dei sistemi giudiziari nazionali

Il sistema potrebbe sopravvivere solo se gli Stati mantengono l’impegno politico e giuridico all’esecuzione delle sentenze.

Cosa dovrebbe fare l’Unione Europea

L’UE non coincide con il Consiglio d’Europa, ma la questione riguarda direttamente Bruxelles, perché l’inottemperanza alle sentenze della Corte EDU spesso si accompagna a violazioni dei principi dell’articolo 2 TUE.

L’UE potrebbe rafforzare:

  • clausole di condizionalità nei fondi europei
  • procedure di infrazione in caso di violazione grave e sistematica
  • meccanismi di monitoraggio congiunti con il Consiglio d’Europa
  • cooperazione con la Corte di Giustizia dell’UE per evitare sovrapposizioni

Conclusioni

Ignorare le sentenze della Corte EDU non è un atto isolato o simbolico: produce effetti immediati sulla tutela dei diritti fondamentali, indebolisce lo Stato di diritto e apre la strada a un progressivo svuotamento del sistema europeo di protezione.

La sfida è profondamente politica e richiede la collaborazione di Consiglio d’Europa, Unione Europea, società civile e corti nazionali.

Solo un impegno congiunto potrà evitare che l’autorità della Corte venga erosa, preservando un patrimonio di garanzie costruito in oltre settant’anni di storia europea.