Dal giugno 2026 entrerà ufficialmente in vigore il Nuovo Patto su Migrazione e Asilo (Pact on Migration and Asylum) dell’Unione Europea, approvato dopo anni di negoziati tra gli Stati membri.

Si tratta di una riforma complessiva delle politiche europee in materia di gestione dei flussi migratori, rimpatri e procedure di asilo, con l’obiettivo dichiarato di coniugare solidarietà e responsabilità.

Vediamo nel dettaglio cosa cambierà per l’Italia e per gli altri Paesi dell’UE.

Il nuovo Patto introduce un meccanismo di solidarietà obbligatoria ma flessibile.

Ogni anno, la Commissione europea stabilirà il fabbisogno complessivo di ricollocamenti tra gli Stati membri, con una base di almeno 30.000 persone da distribuire nei Paesi UE.

Gli Stati potranno scegliere una delle tre opzioni:

  • accogliere una quota di richiedenti asilo provenienti dai Paesi di primo ingresso (come Italia, Grecia o Spagna);
  • contribuire economicamente con 20.000 euro per ogni persona non accolta;
  • oppure fornire supporto operativo o tecnico (personale di Frontex, strutture, mezzi di trasporto, consulenti legali, ecc.).

Per l’Italia, questo meccanismo potrebbe alleggerire la pressione sugli sbarchi, ma solo in parte: la redistribuzione sarà infatti volontaria nella modalità, anche se obbligatoria nella partecipazione.

Resta dunque da vedere quanti Paesi sceglieranno davvero di accogliere.

Procedure accelerate alla frontiera

Uno dei pilastri del Patto è l’introduzione di procedure di frontiera più rapide e standardizzate.

I migranti provenienti da Paesi considerati sicuri (ad esempio Albania, Tunisia, Marocco, Egitto, Bangladesh, Pakistan) verranno sottoposti a una procedura di asilo accelerata direttamente nei centri di frontiera, con tempi massimi di 12 settimane per decidere se accogliere la domanda o disporre il rimpatrio.

Durante questa fase, i richiedenti non potranno entrare formalmente nel territorio dell’Unione, restando in una sorta di zona di trattenimento amministrativo.

Questo approccio, già sperimentato in Grecia e in parte in Italia (ad esempio nei centri hotspot di Lampedusa o Pozzallo) diventerà la regola in tutta l’UE.

Il Patto rafforza anche la dimensione esterna della politica migratoria, puntando a rimpatri più efficienti e a una cooperazione più stretta con i Paesi di origine e di transito.

Frontex avrà un ruolo centrale nel coordinamento operativo dei rimpatri, e la Commissione potrà adottare “strategie nazionali di rimpatrio” vincolanti.

L’obiettivo è quello di ridurre i tempi medi, oggi spesso superiori ai 12 mesi, e di collegare gli aiuti allo sviluppo e i visti al livello di collaborazione dei Paesi terzi nel riammettere i propri cittadini.

Per l’Italia questo comporterà:

  • un rafforzamento dei CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri);
  • un maggior coordinamento con Frontex nelle fasi di identificazione e rimpatrio;
  • e la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di riammissione, anche tramite il MAECI.

Registrazione e screening obbligatori

Tutti i migranti che entreranno irregolarmente nell’UE saranno sottoposti a uno screening obbligatorio di sicurezza, salute e vulnerabilità, da completarsi entro 7 giorni.

I dati biometrici verranno inseriti nel sistema Eurodac, ora potenziato, per migliorare il tracciamento dei movimenti interni e prevenire i cosiddetti movimenti secondari (cioè il trasferimento irregolare tra Stati membri).

Impatti pratici per l’Italia

Dal punto di vista operativo, per l’Italia le principali implicazioni saranno:

  • Riorganizzazione dei centri di accoglienza, con una distinzione più netta tra centri per la procedura di frontiera e centri per la procedura ordinaria.
  • Aumento delle risorse Frontex e della polizia di frontiera nelle zone di sbarco (Lampedusa, Sicilia, Calabria, Puglia).
  • Rafforzamento dei CPR per trattenere i migranti soggetti a rimpatrio.
  • Maggiore onere amministrativo per l’identificazione, la digitalizzazione dei dati e la cooperazione transfrontaliera.
  • Possibile riduzione dei ricorsi giurisdizionali grazie a procedure standardizzate e termini più brevi per l’esame delle domande.

Al contempo, il Patto potrebbe rappresentare una parziale vittoria diplomatica per l’Italia, poiché introduce per la prima volta un principio di solidarietà strutturale – seppur modulabile – tra gli Stati dell’Unione.

Criticità e punti ancora aperti

Le principali criticità individuate da giuristi e ONG riguardano:

  • il rischio di detenzione prolungata nei centri di frontiera;
  • la scarsa effettività della solidarietà tra Stati, qualora prevalgano i contributi economici rispetto alle ricollocazioni;
  • la difficoltà pratica di gestire screening e procedimenti accelerati in tempi tanto brevi;
  • e la limitata tutela dei minori e dei soggetti vulnerabili.

Il Pact on Migration and Asylum rappresenta una svolta storica per la politica migratoria europea, ma resta da capire quanto sarà efficace nella prassi.

Per l’Italia, l’entrata in vigore dal giugno 2026 comporterà una ristrutturazione profonda del sistema di accoglienza e rimpatrio, con l’opportunità, ma anche la sfida, di gestire i flussi in modo più ordinato, senza rinunciare ai principi di tutela e di diritto d’asilo sanciti dalla Costituzione e dal diritto europeo.

Scheda tecnica

  • Entrata in vigore: Giugno 2026
  • Ambito: Tutti gli Stati membri UE (tranne Irlanda e Danimarca)
  • Obiettivi: Solidarietà obbligatoria, procedure accelerate, rimpatri più rapidi
  • Attori principali: Commissione UE, Frontex, Stati membri
  • Norme collegate: Regolamento Procedure Asilo, Regolamento Gestione Asilo e Migrazione, Riforma Eurodac

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